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La piña de unos estudiantes escoceses, convertida en obra de arte por error

mayo 10, 2017 – 2:31 pm

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Fuente: Público.

Una piña abre de nuevo el debate sobre el sentido del arte. Varios estudiantes escoceses —concretamente de la Universidad Robert Gordon— compraron una piña en supermercado por 1 libra y, apenas unos días después, reapareció en el mismo lugar pero convertida en obra de arte.

Según informa el diario británico The Independent, Ruairi Gray y Lloyd Jack, dos estudiantes veinteañeros, tuvieron a bien depositar sobre un exhibidor vacío la fruta de la discordia con el fin de sembrar el debate. Y vaya si lo consiguieron; cuatros días después de la “intervención” la piña yacía en el mismo lugar pero envuelta en una vitrina transparente.

En palabras de Gray: “Decidí ver cuánto tiempo permanecería allí o si la gente se creería que era arte. Días después comprobé que se había metido en una vitrina, es lo más divertido que ha pasado en todo el año. Mi tutor le preguntó a un profesor de arte si era real porque no podía creerlo”.

Una de las asistentes de la exposición negó haber tenido nada que ver con lo sucedido, debido a que —según declaró a The Independent— es alérgica al piña.

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Pinturas y cine (Blow Up)

noviembre 28, 2016 – 7:04 am

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Istvan Kantor

septiembre 11, 2016 – 7:17 am

Istvan Kantor (Monty Cantsin)’s work in the late 1970s and early 1980s consisted most notably of the “Blood Campaign”, an ongoing series of performances in which he takes his own blood and splashes it onto walls, canvases or into the audience. At the same time, he continued to work within the Neoist network, co-organizing and participating in a series of Neoist festivals, which began as “Apartment Festivals”, which were also called simply “APTs”.

His more controversial works involve vandalism and gore, painting large X’s in his own blood on the walls of modern art museums including next to two Picasso paintings at the MOMA in 1988 and at the Jeff Koons retrospective at the Whitney Museum in 2004. In doing so he has been banned from some art galleries, a status he holds with pride. In 2004, he threw a vial of his own blood on a wall beside a sculpture of Michael Jackson by Paul McCarthy in the Hamburger Bahnhof contemporary art museum of Berlin. Although his later work has been dismissed as a simple vandalism by some parts of the media. Curator Laura O’Reilly, commenting on Istvan Kantors writing “Monty Cantsin” on a piece by artist Nelson Saiers in The Hole Shop gallery in New york, said “There’s a fine line between pissing on someone else’s piece as a form self expression — if you’re going to call that art”. Fuente: wikipedia

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Demolire l’arte

agosto 31, 2016 – 6:31 pm

Tratto dall’omonimo cortometraggio di Luther Blissett.

Nell’ottobre scorso, su proposta di Walter Weltroni, il consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che prevede un’inasprimento delle pene per quanti “danneggiano o deturpano cose d’interesse storico-artistico”. Il fenomeno del vandalismo anti-artistico è sempre più diffuso. Per quali motivi? Perché statue e dipinti sono bersaglio di veri e propri bliz, di beffarde e anonime aggressioni? Gli ultimi episodi hanno lasciato l’opinionepubblica sbigottita e senza risposte.

“L’arte è viva! Godetela, ridetene, odiatela o amatela, ma non adoratela! Non siamo in chiesa, appendetela alle vostre pareti, pulitevici il culo magari… ma usatela!”

Ferragosto ’96. All’alba i soliti ignoti sfondano una vetrata della Galleria d’Arte Moderna di Bologna e sottraggono parti di due opere degli artisti londinesi Gilbert & George. L’indomani il materiale trafugato viene fatto trovare in un sacchetto della spazzatura a meno di centro metri dalla galleria.

Notte del 12 Novembre ’95. Viene decapitata una statua dello scultore inglese Henry Moore esposta in piazza del Nettuno a Bologna. Il giorno seguente turisti e passanti ammirano la statua per ore, prima che qualcuno si accorga che ne manca un pezzo. In un comunicato stampa Luther Blissett commenta:

“l’anonimo che ha deturpato l’opera d’arte ne ha messo in atto alcune potenzialità in precedenza congelate nel blocco. Ha liberato il gesto espressivo dell’artista. I passanti non hanno contemplato un corpo morto, un rottame dell’arte di ieri, ma hanno colto la materia nel pieno e nel vivo della sua trasformazione.”

Simili gesti non sono una novità. Nel decennio scorso alcune statue di Michelangelo sono state più volte attaccate a martellate.

“La ronda di notte” di Rembrandt ha subito ripetuti assalti con spruzzi di liquidi corrosivi. Ma oggi la frequenza del fenomeno, unitamente ad alcuni precedenti, ci fa sospettare che tali gesti siano parte di una vasta guerriglia culturale.

Giugno 1958, pinacoteca di Brera. Il pittore milanese Nunzio Van Guglielmi infrange il vetro che portegge “Lo sposalizio della Vergine” di Raffaello e incolla sul dipinto un volantino con la scritta: “Viva la rivoluzione italiana, via il governo clericale!”. Vanguglielmi viene internato in manicomio. L’Internazionale Situazionista dirama il volantino: “Difendete la libertà ovunque”, in cui si inneggia all’attentato e si chiede la liberazione di Vanguglielmi.

Gennaio 1963. Alcuni studenti rivoluzionari di Caracas sferrano un attacco armato ad una mostra d’arte francese e rubano cinque quadri che si offrono di restituire in cambio del rilascio dei prigionieri politici. Dopo uno scontro a fuoco la polizia si impossessa nuovamente dei dipinti. I rivoluzionari cercano invano di fare esplodere il furgone della polizia che li trasporta. Ancora i situazionisti commentano: “questo è senza dubbio un modo esemplare di trattare l’arte del passato, per riportarla in gioco e farla contare veramente nella nostra vita.”

Insurrezione di Dresda 1848. L’anarchico Mikhail Bakunin propone senza successo di saccheggiare il museo cittadino e di mettere i quadri sulle barricate per dissuadere la polizia dall’aprire il fuoco.

L’attacco all’arte viene oggi teorizzato dall’inglese Stewart Home autore di diversi libri culto. Intervistato sull’ergomento Home ha dichiarato: “Quando sento parlare di arte metto subito mano alla spranga. L’arte è noiosa, è una truffa ai danni della vita. Congela le emozioni e spinge ad adorare falsi idoli. Il minimo che si possa fare è distruggere questi idoli. Lasciate che gli intellettuali si scandalizzino, dicano pure che siamo vandali e teppisti. L’arte è un cadavere in putrefazione, il teppismo è vita! È facile e divertente! Uccidete l’intellettualino che è in voi e unitevi alla marmaglia!”

È guerra aperta! Forse la demolizione dell’arte è una nuova tendenza in procinto di conquistare i giovani. Se è così Veltroni ha di che riflettere: nessun disegno di legge può mettere recinti alla cultura pop!

(Nota del editor). En un panfleto titulado «Defiende la libertad en todas partes» (fechado el 4 de julio de 1958), Giuseppe Pinot-Gallizio —en nombre de la sección italiana de la Internacional Situacionista— lanzó una campaña para sacar del manicomio al pintor milanés Nunzio Van Guglielmi. Éste había sido internado por romper una ventana de Los desposorios de la Virgen de Rafael y pegar en la obra un pasquín ensalzando la revolución contra el estamento clerical. En París, el 7 de julio de 1958, Asger Jorn hizo público el texto «Au secours de van Guglielmi». En él denunciaba el encarcelamiento de Guglielmi «como un ataque contra el espíritu moderno», y elogiaba al pintor milanés por haber asaltado «los falsos ideales artísticos del pasado». Al año siguiente, Guglielmi fue declarado en su sano juicio y liberado del manicomio.
HOME, Stewart (2002). El asalto a la cultura. Movimientos utópicos desde el Letrismo a las Class War. Barcelona: Virus, p. 83

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Destruction in Art Symposium

agosto 31, 2016 – 5:59 pm

The Destruction in Art Symposium (DIAS) was a gathering of a diverse group of international artists, poets, and scientists to London, from 9–11 September 1966. Included in this number were representatives of the counter-cultural underground who were there to speak on the theme of destruction in art. The Honorary Committee was led by Gustav Metzger. The main objective of DIAS was to focus attention on the element of destruction in Happenings and other art forms, and to relate this destruction in society.

John Latham constructed three large “Skoob Towers” out of books, which they called “The laws of England”, and set fire to them outside of the British Museum.

Source: Wikipedia

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Un joven deja unas gafas en un museo y la gente se piensa que es arte

mayo 27, 2016 – 2:22 pm

Fuente: El Periódico

TJ Khayatan es un joven de 17 años que el próximo otoño comenzará la universidad. Recientemente fue de visita al MOMA de San Francisco con sus amigos a disfrutar un poco del arte. Según él mismo ha explicado a algunos medios, les gustaron la mayoría de obras expuestas, pero algunas piezas no las entendieron y les sorpendió, incluso, que fueran calificadas de arte (como un peluche arropado con una manta gris que había en una sala). Desconcertados, decieron hacer un experimento.

Pusieron unas gafas en el suelo, cerca de una pared, y se pusieron a observar la reacción de la gente que visitaba el museo. Al poco observaron que alrededor de las gafas se habían arremolinado varias personas que miraban las gafas cual obra de arte y que, además, les hacían fotos como si fueran la ‘Gioconda’. La prueba había sido un éxito y, excitados, hicieron fotos de la gente mirando “su obra de arte”.

El pasado lunes, el chaval publicó las fotos en Twitter, y ya llevan más de 55.000 retuits. Tanto es así, que la historia ha dado la vuelta al mundo y TJ Khayatan ya ha explicado su ocurrencia a varios medios de comunicación.

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El Destruccionismo

marzo 14, 2016 – 8:04 pm

 

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La réplica infiel

febrero 3, 2016 – 2:57 pm


ENCUENTRO-CONVOCATORIA PARA «LA RÉPLICA INFIEL» DE XAVIER LE ROY Y SCARLET YU
23 Y 25 FEB 19:30 H.

Fuente: CA2M Centro Dos de Mayo

INSCRIPCIÓN 23 DE FEBRERO

INSCRIPCIÓN 25 DE FEBRERO

Esta convocatoria se dirige a todas aquellas personas que se interesan y sienten curiosidad por:

-El espacio expositivo.
-Las normas implícitas de comportamiento en el museo.
-Procesos de aprendizaje y transmisión de lo que uno aprende.
-La transformación de las ideas mientras éstas se actualizan en algo, una acción.
-El paso desconocido/indeterminado entre una idea y la forma dada a una cosa o una acción.
-Guiar y ser guiado.
-Crear, escuchar y contar historias o transmitirlas de unos a otros.
-La manera de ver, observar, escuchar, contar, caminar, cómo la gente se relaciona entre sí en espacios expositivos, haciendo y deshaciendo
grupos.

Esto es para cualquiera y todas aquellas personas a las que les gustaría formar parte de:
Un intercambio inmaterial y su potencial de transformarnos tanto a nosotros/as como a otros/as. Para todos aquellos y aquellas que disfruten y sientan curiosidad por: aprender, transmitir, presentar, pasar algo que se convertirá en una especie de visita guiada por la exposición, ¿o se convertirá en un culto, un rumor, en algo de lo que se habla? ¿Qué se puede transmitir en una exposición? ¿Para qué? ¿Cómo?

Aspectos prácticos:
Si deseas formar parte de esta experiencia te comprometes a asistir al menos tres veces durante tres horas (o más si así lo deseas) los días que quieras durante la exposición (18 de marzo al 25 de septiembre de 2016) La réplica infiel en el CA2M. Aprenderás de alguien que a su vez ha aprendido de otra persona: maneras de mirar, de observar, de caminar, posturas, y cosas que decir y también que escuchar. Durante ese día, después de haber aprendido esas cosas que conformarán una especie de visita guiada, te encargarás de presentarla a otros-a-s visitantes (a algunos los conocerás y a otros no), tras lo cual pasarás este conocimiento a otra persona (a un amigo, a alguien que conozcas o, si lo prefieres, a alguien que todavía no conoces).

Cada participante se compromete a pasar lo que ha aprendido al menos a otra persona durante la exposición. Esto puede ser repetido tantas veces como desees. Puedes venir cuantas veces quieras y pasar tanto tiempo como quieras en «Para la réplica infiel de Scarlet Yu y Xavier Le Roy».

Xavier Le Roy estudió biología molecular en la Universidad de Montpellier, en Francia, y ha trabajado como bailarín y coreógrafo desde 1991.

Scarlet Yu obtuvo un Máster en Coreografía en Hong Kong Academy for Performing Arts y ha trabajado como performer y coreográfo desde el año 2000.

Para más información los días 23 y 25 de febrero a las 19:30 Xavier Le Roy y Scarlet Yu realizarán dos encuentros informativos con las personas interesadas en formar parte de su propuesta para la exposición La réplica infiel.

Si quieres asistir envía un mail con tu preferencia de fecha (23 ó 25 de febrero) a actividades.ca2m@madrid.org

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Aprendiendo la actitud estética

julio 31, 2015 – 5:56 pm

Fuente: Larry Shinner, La invención del arte. Una historia cultural, Paidós, Barcelona, 2014 (2001). Gracias a Joana Masó por el pase.

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Por favor, toque la pantalla mientras mira este vídeo (Please keep touching the screen while you watch)

julio 2, 2015 – 5:06 pm

Golden Touch (from New Album「_genic」)
Please keep touching the screen while you watch. Best viewed on full screen mode.

El vídeo, dirigido por Masashi Kawamura, se estrenó en YouTube a finales de mayo y supera los siete millones de reproducciones. El truco no es nuevo: Put your finger here.

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Art history kills the art star: the state of the art. Wearable devices in Museums

abril 15, 2015 – 6:41 pm

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La última visita al Rijksmuseum

marzo 5, 2015 – 7:52 pm

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Una mujer en estado terminal pudo conseguir su último deseo: visitar de nuevo el Rijksmuseum. (@StAmbulancewens via Neatorama)

Fuente: BoingBoing Gracias a Manuel Saiz por el pase.

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Toca solo aquí (la Alhambra)

enero 25, 2015 – 8:35 am

En la Alhambra de Granada han acondicionado puntos “táctiles” en los que se invita al público a tocar réplicas de elementos decorativos del edificio para así “conservar el patrimonio”. Gracias a Javier Bassas por el pase.

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Luis Bisbe: deconstruyendo la exposición

diciembre 16, 2014 – 4:04 pm

El artista Luis Bisbe siempre ha tenido en su punto de mira la deconstrucción de los mecanismos implícitos en los cubos blancos de las salas de exposición. Allá por 2003, en su obra Pim, pam, pum (Espai 13 de la Fundació Miró de Barcelona) ya dio buenas pruebas de ello. Ahí va un vídeo:

Estos días expone en la Sala EtHall de Barcelona. Entre las varias propuestas que exhibe, ha planteado la colocación de algunas de sus piezas (y las de otros) poniendo en cuestión uno de los principios fundamentales de colgar las cosas: que estén rectas, niveladas. Para ello, simplemente ha torcido la caída de todas las obras. Un ejercicio que Ernst Gombrich ya recomendó irónicamente cuando trató el tema de la función de las imágenes.

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“Antes mataba gente, hoy vigilo museos”.

noviembre 23, 2014 – 9:05 am

La historia de los museos, y en general de la cultura, como instrumento político de desactivación de conflictos y de hacedor de  consensos en España es larga. A principios de los años 1980, el Ministerio de Cultura absorbió 9.511 funcionarios públicos, de los que 2.175 llegaron del Movimiento y 279 de las organizaciones sindicales de Franco. Se compró un espectro ideológico potencialmente desestabilizador para insertarlo en un espacio supuestamente desideologizado como el de la gestión cultural pública. Lo más revelador es que, en 1982, el PSOE ofreció a intelectuales y militantes comunistas entrar en cargos del Ministerio de Cultura como contrapartida al hecho de que el PCE quedara fuera del gobierno. El Ministerio cultural se convertía pues en la terapia institucional para endulzar agravios y desactivar residuos, y de paso, en un ejercicio metafórico de encuentro “nacional”, que no podrá ocultar choques habituales entre funcionarios de signo político distinto. Ese mismo proceso de convertir la gestión cultural en entornos de reconciliación profesional puede percibirse en un entorno bien distinto al ministerial, cuando, tras la renuncia a las armas de ETA (Político-Militar) en 1982, buena parte de sus exmiembros fueron acogidos en los departamentos de cultura municipales, forales y autonómicos vascos. El resultado es conocido por todos: una cultura institucionalizada y tuteada en la que los disensos han acabado desapareciendo.

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También en otro lugares estas herramientas son ampliamente utilizadas. En Palermo, dentro de un programa de reinserción de exsicarios de la Mafia, éstos han sido puestos a custodiar la obra Virgen de la Anunciación de Antonello da Messina (1430-1470), en la Galería Regional de Sicilia. Una media docena de ex presidiarios de la Cosa Nostra comparten las tareas de vigilancia del museo, situado en el imponente palacio Abatellis, con policías y vigilantes privados. Dice uno de ellos: “Antes mataba gente, hoy vigilo museos”.

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Beyoncé y familia visitan El Louvre

octubre 15, 2014 – 5:17 pm

Fuente: El Mundo.

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Los museos en la era del “selfie”

octubre 11, 2014 – 8:26 am

Fuente: El País

La Mona Lisa, en el Museo del Louvre en París, es seguramente la imagen más famosa del mundo junto a la creación de Adán (el dedo de Dios) en la Capilla Sixtina. Estas dos obras maestras del Renacimiento, de Leonardo da Vinci y Miguel Ángel, tienen un valor simbólico que va mucho más allá del arte; pero comparten el mismo problema: el exceso de visitantes. La sala de la Gioconda vive sumergida en un constante marasmo, llena de turistas que dan la espalda al cuadro mientras se hacen selfies en medio del rumor constante de la multitud, y en la capilla donde se eligen los papas se apelotonan, en cualquier momento del día en el que estén abiertos los Museos Vaticanos, unas 2.000 personas (recibe en total unos 22.000 turistas cada día). “El problema del 99% de los museos del mundo es el contrario, que tienen pocas visitas”, explica Luis Alfredo Grau Lobo, director del Museo de León y presidente de la sección española de Consejo Internacional de Museos (ICOM, en sus siglas en inglés). “El exceso de visitantes afecta a muy pocos museos y, dentro de esos museos, a muy pocas salas. Pero todo el mundo ha estado ante la Mona Lisa y nadie ha logrado ver el cuadro en las condiciones adecuadas para contemplar una obra de arte”. Las avalanchas se concentran en pocas ciudades –París, Londres, Roma, Florencia, Nueva York– aunque llegaron a Madrid el año pasado con la exposición de Dalí en el Reina Sofía, la cuarta más visitada del mundo (732.000 personas / 6.615 al día), según la lista que cada verano elabora la revista The Art Newspaper, que sitúa al Reina en el puesto duodécimo de los más visitados (3,18 millones). El Gobierno francés anunció esta semana que tiene la intención de que en 2015 el Louvre –el museo más concurrido del mundo, con 9,3 millones de visitantes en 2013– abra 362 días al año siete días a la semana “para mejorar la accesibilidad de las obras y mejorar la acogida del público”. Los Museos Vaticanos, por otro lado, tienen previsto poner en funcionamiento en las próximas semanas un nuevo sistema de ventilación en la Capilla Sixtina para garantizar su conservación en medio de las masas. “En España no hemos llegado a ese punto tan dramático”, explica Miguel Zugaza, director del Museo del Prado, que recibió en 2013 2,3 millones de visitantes. “Se trata de obras icónicas, que reciben una enorme atención. Es una especie de perversión del fanatismo de las visitas”, agrega. Según la lista de The Art Newspaper, después del Louvre, que ocupa de lejos el primer lugar, los museos más visitados del mundo son el Museo Británico (Londres, 6,7 millones); Metropolitan Museum of Art (Nueva York, 6,2 millones); National Gallery (Londres, 6,3 millones), Museos Vaticanos (Roma, 5,4 millones); Tate Moderm (Londres, 4,8 millones); National Palace Museum (Tapei, 4,5 millones); National Gallery of Art (Washington DC, 4 millones); Centre Pompidou (París, 3,7 millones) y el Musée d’Orsay (París, 3,5 millones). Como ocurre con todos los problemas que genera el turismo masivo, no es algo que tenga fácil solución, ni desde el punto vista ético, ni desde el punto de vista económico. Como explica la profesora de Museología de la Universidad Complutense de Madrid, Francisca Hernández, “el patrimonio lo hemos heredado y tenemos que legarlo, por lo que nuestro deber es la conservación, pero también tenemos que disfrutarlo”. “Es difícil”, añade. “No se puede admitir a tanta gente, pero a la vez es lógico que todo el mundo quiera ver las obras de arte”. Manuel Borja-Villel, director del Reina Sofía de Madrid, está convencido de que es un problema que tiene solución: “La creciente popularización que han sufrido los museos ha provocado un efecto negativo: que el éxito de estas instituciones se mida únicamente a través de sus cifras. Pero también somos conscientes de que supone una oportunidad y un reto. Nunca antes la cultura había sido tan popular. Los museos son lugares de encuentro, espacios de relación. Debemos tratar de garantizar el acceso al arte y la cultura al mayor número de personas y tenemos que ser capaces también de crear mecanismos que regulen los flujos de público y que posibiliten a los visitantes hacer suyas las narraciones que el museo propone”. No es fácil negar la visita o establecer cuotas cerradas para restringir el número de personas en cada sala –como hace la galería Borghese en Roma, por ejemplo, o hizo el Reina Sofía durante la exposición de Dalí–, máxime a turistas que vienen en algunos casos del otro lado del mundo (el 13,3% de los visitantes del Louvre son de EEUU, el 4,1% de Japón y el 3,8% de China, según datos de la propia institución). Y también está el asunto económico. En el caso del gran museo parisino, la entrada cuesta 12 euros (16 si se incluyen las exposiciones temporales), más los gastos que se puedan generar en las tiendas o bares (más que posibles durante una visita que dura de media dos horas cuarenta y dos minutos). Todo eso multiplicado por 9,3 millones es mucho dinero. La portavoz del Louvre, Christine Cuny, indicó que el museo ha puesto en marcha un proyecto de reforma de la famosa pirámide de entrada: cuando se inauguró estaba previsto que fuese utilizada como máximo por cuatro millones de visitantes. “La reorganización de los accesos bajo la pirámide aportará soluciones para mejorar la calidad de la visita”, asegura la memoria de este proyecto, presentado en septiembre. Las obras empezarán este mismo trimestre y se prolongarán hasta 2017. “El gran problema es que hay algunos museos masificados y otros vacíos”, prosigue la profesora Hernández. “En todos los países está ocurriendo lo mismo. Existen pequeños museos a los que no va nadie y luego hay macromuseos que están llenos. Pero muchas veces no hay pedagogía, es el cuadro por el cuadro”. Las cámaras de los teléfonos móviles no hacen más que añadir una nota absurda al caos, porque miles de visitantes dan la espalda al cuadro que en teoría han ido a ver para fotografiarse con él. En el Prado, explica Miguel Zugaza, se prohíben las fotos para mejorar la calidad de la visita. En los museos británicos o franceses, las fotos están permitidas aunque empiezan a surgir voces en contra. Peter Bazalgette, presidente del Arts Council del Reino Unido, hizo recientemente una propuesta: que al igual que se han establecido vagones silenciosos en los trenes, se decreten horas libres de selfiesen las galerías. “Permitamos la fotografía, pero que cada sala tenga una hora al día libre de fotos”, afirmó en una conferencia en la que defendió que el público comparta imágenes de obras de arte “tanto como sea posible”, pero dejando algún oasis de tranquilidad. “No somos muy partidarios de las prohibiciones”, señala por su parte Borja-Villel. “Los museos deben adaptarse a las nuevas dinámicas de la sociedad, en este caso a las nuevas modas que las tecnologías generan. Creemos que lo verdaderamente importante es sensibilizar a los visitantes sobre la importancia de respetar a las demás personas que están visitando el museo”. Establecer un régimen de visitas pautadas tampoco garantiza una solución al problema. La galería de los Uffizi, la pinacoteca florentina que alberga una de las colecciones de cuadros más importantes del mundo, tiene un sistema de venta de entradas por hora, gestionada a través de una empresa privada. Sin embargo, una vez dentro, la visita es un calvario de calor y multitudes. El problema es que es un edificio que no está preparado para ser un museo, ni mucho menos para permitir que se muevan masas en sus pasillos y salas. El profesor de historia del arte y ensayista italiano Tomaso Montanari propone en su libro Las piedras y pueblo una solución drástica: llevarse los Uffizi a las afueras de Florencia. “Es un museo que podría ser todo lo que Uffizi nunca será en el magnífico edificio de Giorgio Vasari”, afirma en conversación por mail. “Podría tener un gran auditorio, una parte dedicada a los niños. Podría ser un museo para los ciudadanos, para su vida diaria y su futuro, no una máquina de hacer dinero para turistas”. ¿Existe un debate sobre este creciente problema al igual que ocurre con el turismo masivo? “No, por desgracia no”, afirma Montanari. “No existen todavía estudios serios sobre este asunto”, asegura por su parte Francisca Hernández. Gaël de Guichen, uno de los grandes expertos mundiales en conservación que actualmente dirige una investigación sobre la viabilidad de visitar Altamira, explica: “No basta con que vean las obras de arte. Los visitantes deben salir enriquecidos. Ahí está la clave”. De Guichen relata que, hace años, conversaba con un antiguo director de los Museos Vaticanos que le explicó que le gustaría tener un restaurante y hacer pasar por la báscula a los clientes después de comer y comprobar si habían ganado peso. “Me explicó que le gustaría tener una báscula así en el museo, comprobar si las personas habían cambiado, si se habían enriquecido”, relata De Guichen. La pregunta es si esto es posible en medio de las multitudes y de los selfies.
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Las líneas de oro

agosto 25, 2014 – 12:55 pm

Casa de los Montejo (Mérida, México).

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Art Scrub

mayo 22, 2014 – 10:31 am

Fuente: Art Scrub

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Revealing layers at the museum

abril 22, 2014 – 9:20 am
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  • About this blog

    An archive, opened in 2012, that explores the conflicts surrounding the artwork. Converting images in objects of aesthetic worship does not end with the power of these but, on the contrary, causes a series of problems that mirror the political status of cultural phenomena: Why and how rejection or desire for art is performed? What is role of the museum when disciplining the public? How social life collides with aesthetic order or disorder? Which tactics are used by artists, institutions and consumers in this war of images?
  • NO TOCAR, POR FAVOR (exposición-exhibition)

    Entre el 17 de mayo y el 1 de septiembre de 2013 se presentó en el Museo Artium de Vitoria la exposición NO TOCAR, POR FAVOR, con trabajos de Félix Pérez-Hita, Mireia c. Saladrigues, Joan Fontcuberta, Guillermo Trujillano, Andrés Hispano, más el grupo de trabajo de la Facultad de BBAA de la EHU/UPV formado por Oier Gil, Sandra Amutxastegi, Pau Figueres y Arturo "Fito" Rodríguez. Con comisariado de Jorge Luis Marzo. Se editó una publicación que puede consultarse en este blog______________________
  • No tocar, por favor (LIBRO- pdf)

  • El museo como incidente. Programa de TV (SOY CAMARA, TVE-CCCB)

  • Registro de incidencias del Museo Artium (2003-2012) click sobre la imagen inferior

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